Del Prof. Massimo Pittau (www.pittau.it)
 L’onomastica, nei suoi due rami dell’antroponomastica e della  toponomastica, è indubbiamente la sezione della glottologia o  linguistica storica di gran lunga la più difficile e quindi anche la più  aleatoria, ossia incerta. Ciò è la diretta conseguenza del fatto che,  mentre comunemente il linguista storico lavora su due coordinate, quella  fonetica e quella semantica, cioè sui suoni fonici che costituiscono il  “significante” di un vocabolo e sull’idea o sull’immagine che  costituisce il suo “significato”, nell’onomastica invece è spesso  costretto a lavorare sulla sola coordinata fonetica, cioè soltanto sui  suoni fonici, dato che molti antroponimi e toponimi col passare del  tempo hanno perduto il loro “significato”, diventando pertanto “opachi”  rispetto alla coscienza dei parlanti. Nell’onomastica pertanto la  glottologia cammina con una sola gamba, finendo non di rado con  l’inciampare. In queste condizioni di difficoltà e di incertezza, il  glottologo ha l’obligo ed anche l’interesse a ritornare sui suoi passi,  per rivisitare e ricontrollare le tesi o le ipotesi da lui stesso  prospettate circa l’etimologia, ossia circa il significato e l’origine  degli antroponimi o dei toponimi da lui studiati.
 Del nome del paese di Orotelli, a prescindere da un brevissimo  accenno che ne avevo fatto nella rubrica «Chi siamo – Nuoro e la sua  provincia», pubblicata tra il novembre del 1983 e il marzo del 1884 dal  quotidiano «La Nuova Sardegna», io ho prospettato due differenti  etimologie, cioè spiegazioni del significato e dell’origine del  toponimo.
 La prima etimologia è stata da me prospettata nel mio libro Ulisse e  Nausica in Sardegna (Nùoro 1994, pagg. 165, 181), nel quale ho riportato  il toponimo al gentilizio lat. Ortellus e precisamente alla formula  (villa) Ortelli «fattoria o tenuta di Ortello». Ed avevo interpretato  che costui fosse un latifondista romano che possedeva nei dintorni  qualche grosso possedimento per la coltivazione del grano e anche per  l’allevamento intensivo del bestiame.
 La seconda etimologia è stata da me prospettata nella mia opera I  nomi di paesi città regioni monti fiumi della Sardegna – significato e  origine, Cagliari 1997, ristampa 2004 (qua e là migliorata, è entrata  come Appendice nel II volume del mio Dizionario della Lingua Sarda –  fraseologico ed etimologico, Cagliari 2003, E. Gasperini Editore), nella  quale avevo riportato dubitativamente il toponimo Orotelli al fitonimo  lat. arotellum «aglio selvatico».
 Oggi ritorno ancora sull’argomento e dico che, dopo un mio ulteriore  approfondimento, mi sento di dover ritornare alla mia prima spiegazione  etimologica, dato che mi sembra quella più probabile e più verosimile,  però con una piccola correzione.
 Intanto premetto che la più antica documentazione del toponimo  Orotelli (in sardo Oroteddi) si trova nel Condaghe di Santa Maria di  Bonarcado (CSMB 177), dove si parla di un certo Petru de Zori de  Ortelli.
 Molto antica, e precisamente del 1139, è anche l’altra citazione di  un certo Ugone vescovo di Ortilli il quale donò al monastero di San  Salvatore di Camaldoli la chiesa di San Pietro in Ollin con tutte le sue  pertinenze (Codex Diplomaticus Sardiniae, I 213/1, 215/2). In questo  documento Ortilli è chiaramente una forma errata, forse per  supercorrezione, di Ortelli e San Pietro in Ollin è l'odierno San Pietro  di Oddini, proprio in agro di Orotelli.
 Ebbene, è molto probabile che Orotelli/Oroteddi derivi, con una  semplice anaptissi, da un gentilizio lat. *Ortellius [cfr. Ortelius  (RNG), cognome ital. Ortelli (documentato ad es. a Milano e a Roma) e  paese di Ortelle (Lecce)], ma non in caso genitivo, come avevo pensato e  scritto prima, bensì in caso vocativo.
 Di recente, l’uno indipendemente dall’altro, il linguista tedesco  Heinz Juergen Wolf ed io abbiamo osservato e segnalato che si conservano  ancora in Sardegna, come antroponimi e come toponimi, numerosi  gentilizi o cognomina latini in caso vocativo, caso che con gli  antroponimi era, per un motivo ovvio, quello più frequente: un individuo  umano infatti viene più spesso “vocato” o “chiamato” che non “nominato”  o “citato”.
 Ortellius sarà stato uno dei numerosi latifondisti romani che in  Sardegna avevano grandi possedimenti, nei quali coltivavano grandi  quantità di grano, che mandavano regolarmente e sistematicamente a Roma,  per nutrire la famelica folla della capitale dell’Impero.
 Ortellius avrà avuto i suoi grandi possedimenti nella piana di Ottana,  la quale fino all’epoca della mia fanciullezza era famosa per le grandi  quantità di grano che produceva. Però, molto probabilmente per sfuggire  in estate al caldo eccessivo ed anche al pericolo della malaria  imperante nella piana di Ottana, Ortellius avrà preferito vivere non ad  Ottana, bensì ad Orotelli, cioè nella villa o fattoria che da lui finì  per prendere il nome.
 Esattamente come si intravede che facesse pure un altro latifondista  romano, che aveva anche lui possedimenti nella piana di Ottana, Oranus  od Oranius, il quale preferiva vivere nella villa o fattoria che prese  il nome di Orane od Orani (si vedano le mie opere citate).
 Noi sappiamo che Ottana in epoca medioevale era il capoluogo di una  diocesi, di cui facevano parte i paesi di Macomer, Mulargia, Borore,  Birori, Noragugume, Bortigali, Santa Maria de Sauccu, Dualchi, Silanus,  Lei, Bolotana, Illorai, Bottidda, Orotelli, Orani, Sarule, Oniferi e  Nùoro. Però, quasi certamente, almeno nel periodo estivo, anche il  vescovo di Ottana era solito risiedere a Orotelli (cfr. Codex  Diplomaticus Sardiniae, I 193/2), evidentemente per sfuggire al caldo  estivo ed alla malaria.
 E in questo modo e per questa ragione si spiegano i due toponimi di  Orotelli: Píscapu «Vescovo» (dal lat. eccl. Episcopus) e Campu ‘e  Preíderos «Campo dei Preti» (dal lat. eccl. Presbyteros).
 Che Orotelli fosse la sede almeno temporanea del vescovo di Ottana è  dimostrato anche dal fatto che il villaggio non viene mai citato nelle  Rationes Decimarum Italiae, Sardinia del secolo XIV; proprio come si fa  con i capoluoghi delle altre diocesi. Il che ci fa pensare che, mentre  le decime delle parrocchie di ciascuna diocesi andavano alla curia  romana, quelle del capoluogo rimanevano in possesso della relativa curia  vescovile.
 D’altra parte è anche probabile che Ortellius avesse terreni pure  nella piana di Benetutti, come suggerisce il toponimo Norteddi di Bono,  che si può interpretare come derivato dalla locuzione locativa in  Orteddi, in Norteddi.
 Non solo, ma, considerato che in agro di Lula esiste un altro toponimo  Orteddi e in agro di Urzulei un altro Oroteddi, siamo spinti anche ad  interpretare che il latifondista Ortellius avesse pure interessi  nell’estrazione dei minerali dei giacimenti di Lula e di Urzulei–Baunei.
 Sarà stato un grosso latifondista e capitalista, il quale, come capitava  spesso allora, molto probabilmente continuava a vivere a Roma, venendo  saltuariamente in Sardegna e curando i suoi interessi agricoli e  minerari per mezzo dei suoi liberti appositamente mandati nell’Isola.
 Orotelli ed anche Oddini (evidentemente villaggio a sé ancora  abitato) sono citati nell'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni  d'Aragona del 1388 (Codex Diplomaticu Sardiniae, I 836/2). Inoltre  l'oppidum Orotellis è citato nella Chorographia Sardiniae (182.5) di G.  F. Fara, che è degli anni 1580–1589. 
                                               
                                            murales